Cronaca

Jesolo – San Donà, le due comunità piangono la scomparsa dell’artista Adriano Pavan

8 Novembre 2023

“Nessuno mi ha insegnato come dipingere, nessuno mi ha insegnato come si adopera una cinepresa, la videocamera, il montaggio e la sonorizzazione dei film. Nessuno mi ha insegnato la tecnica dell’arrampicata su roccia… Insomma nessuno mi ha insegnato che cos’è la vita.

I miei maestri sono stati l’amore per la cultura, lo studio, l’osservazione, l’intuizione e tanto lavoro” questo scriveva Adriano Pavan ne “La mia piccola storia”.

Dopo oltre settant’anni di vita dedicata con maestria all’arte della pittura, Adriano Pavan, se n’è andato. Pur essendo malato da mesi, finché la mano ha avuto la forza di reggere un pennello, ha continuato a dipingere. Aveva 88 anni: la sua è stata una lunga storia di vita e d’amore con l’arte e per l’arte.

Aveva perso in primavera la moglie Anna. È stato accudito fino all’ultima carezza dalla figlia Rosanna e dai fratelli Mario e Gianni, a lui legatissimi. E proprio al fratello pochi giorni fa, Adriano Pavan che aveva sempre abitato a San Donà, aveva detto: “A Jesolo sono nato e a Jesolo morirò”. E così è stato, con il suo viaggio conclusosi là dove era iniziato. Aveva anche espresso il desiderio di rivedere il mare, ma è mancato il tempo di esaudirlo.

“Dopo Vittorio Rorato e Cesco Magnolato ci ha lasciati un altro degli ultimi grandi maestri della pittura sandonatese – é il messaggio di cordoglio del sindaco di San Donà e assessore alla cultura, Alberto Teso -, che ha immortalato attraverso le sue tele i verdi paesaggi del Fiume Piave, protagonista indiscusso della sua ricerca artistica. Instancabile promotore della pittura e della cultura sandonatese. Molte le mostre che Adriano ha allestito durante gli anni in Galleria Civica, da ricordare le ultime due personali con cui ha voluto omaggiare la sua città: nel 2017 una mostra che ha festeggiato i suoi 80 anni per l’arte e nel 2019, l’ultima, un omaggio alla natura della terra in cui ha vissuto, attraverso il tema degli alberi e delle atmosfere di luce”.

“Ci lascia un caro amico e un artista profondamente innamorato della nostra terra – ha aggiunto Chiara Polita, che ha rivestito il ruolo di assessore alla cultura sandonatese nella precedente consiliatura, molto legata all’artista -. Mi piace ricordarlo tra i suoi verdi brillanti e i suoi blu, sulla Piave che ha sempre dipinto con affetto e incanto. Adriano non era solo un pittore, era un poeta capace di scavare la realtà alla ricerca di uno sguardo più ampio, sia che lo facesse con la pittura, con le parole, con la passione per l’archeologia, il cinema o la fotografia o con una scalata. Era un artista capace di emozionarsi ancora come un bambino quando parlava di ciò che gli era più caro. Ciao Adriano, arrivederci Maestro”.

Adriano Pavan:

Inizia a disegnare a 13 anni, durante una convalescenza che segue un grave incidente. Capisce subito che quella sarà la sua strada, mentre traccia sul muro di casa con l’asticciola di carbon dolce figure di personaggi visti lungo le rive del Piave, la gente del Basso Piave, la sua terra. Poi arrivano il colore e la partecipazione a concorsi con giuria e collettive a partire dal 1951, a soli 16 anni.

Nel 1954 allestisce la sua prima mostra personale a San Donà di Piave nei locali del caffè Grande, allora unica sede per mostre d’arte della città.

Nel 1955, in occasione di una personale a Cortina d’Ampezzo, incontra e viene incoraggiato da Massimo Campigli.

Nel 1956, a Milano, conosce il critico d’arte Mario Portalupi che scrive e pubblica una monografia dal titolo Adriano Pavan, pittore del Piave, edita da Bino Rebellato nel 1961.

Scrive ancora ne “La mia piccola storia”:

“Nel 1959 con alcuni studenti del Liceo Scientifico di San Donà di Piave, fondai il mensile “Il Provinciale”. San Donà di Piave non era la città che conosciamo ora! Mi iscrissi all’ordine dei giornalisti e cominciai a dirigere questo “mensile”. Chiamai a darmi una mano l’amico scrittore e poeta Tiziano Rizzo. Non posso tacere l’amicizia con Tiziano Rizzo. Eravamo coetanei. Ci siamo conosciuti quando vestivamo le tonache di chierichetti. Poi ci fu la guerra, la pace e la ripresa. Lui scriveva, io dipingevo. Ci univano le stesse idee e il desiderio di uscire dalla provincia. Abbiamo lavorato per dare un indirizzo, il più rivoluzionario possibile in quel tempo, al mensile “Il Provinciale”. È stato poi il mediatore della mia mostra di Cortina d’Ampezzo. Gli articoli di fondo del Provinciale erano l’espressione dell’inquietudine, del desiderio di libertà, della voglia di discutere che animava l’ambiente giovanile d’allora. Affrontavamo problemi molto sentiti ma difficili come il rapporto tra città e provincia, città e cultura, provincia e moralismo, libertà di stampa. Ma al potere non andava bene questo mensile: troppo intrigante. Mons. Saretta lo denunciò dal pulpito per faziosità …. e guai a chi cercava di leggerlo! Nessuno ebbe il coraggio di acquistarlo. Al sesto numero già si dovette chiudere. Questa era la San Donà del 1959”.

Negli anni ’70 allestisce la sua prima mostra personale milanese al Centro Artistico San Babila. Negli anni successivi, sempre a Milano, allestisce le personali nella Galleria d’Arte V.E. Barbaroux, ancora punto d’incontro dei massimi artisti italiani del tempo. Per dirla come il Portalupi, “gli incoraggiamenti, le approvazioni gli vennero anche da Carlo Carrà: l’illustre artista – parola misurata e meditata per costume, per carattere – disse i complimenti suoi ad Adriano Pavan, davanti ai paesaggi esposti”. Carlo Carrà che, ogni sera accompagnato, dalla moglie Ines, si recava nella Galleria Brbaroux per fare, così diceva, “quattro chiacchiere col giovane Pavan”.

A Milano, Adriano Pavan instaura rapporti di amicizia con diversi artisti e critici d’arte come: Portalupi, Villani, Lepore, Monteverdi, Valsecch, Kaiserlian, Mussio, Longa ecc.

Partecipa ai Premi San Fedele e viene selezionato con altre ventitrè pittori a rappresentare la giovane pittura italiana in una mostra a Sesto San Giovanni (1965).

Sempre a Milano, negli anni ’60, vince il Premio A.N.C.I., importante concorso al quale partecipavano i migliori artisti di quel tempo (Brindisi, Migneco, Russo, Dalla Zorza, Fanesi, ecc.). È un momento magico per l’artista, tanto che i critici parlano “del giovane pittore più premiato d’Italia” e ogni sua mostra viene recensita con ampio spazio nei quotidiani e nelle riviste specializzate.

Nel 1982 entra a far parte del gruppo della rivista d’arte D’Ars di Milano che gli organizza delle personali in tutta Italia. Riconoscimenti importanti della sua attività artistica sono stati l’allestimento di una mostra antologica di oltre duecento opere realizzata dal Comune di San Donà di Piave nel 1981 e una seconda organizzata dal Kursaal di Jesolo Lido nel 1986. Altre tre antologiche sono state allestite nella Libreria Marsilio di Padova con oltre 130 opere, nella Villa Reale Pisani di Stra e nella Villa Bragadin Genovese Sartorello di Ceggia (VE) con 170 opere…

Sue opere di grafica sono presenti al Museo d’Arte Figurativa Pusckin di Mostra, al Museum of Arte di New York, al Museo Espanol de Arte Contemporaneo di Madrid, al Moderna Museet di Stoccolma, a Musèe Moderne di Parigi, alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Jesi e di Gallarate, alla Galleria d’Arte Moderna di Sassoferrato (segnalazioni a cura di “Arte Nuova Oggi” di Jesi).

Nel 1990 a Cibiana di Cadore dipinge il murale “Zocui e zestoi” (gli zoccoli e le ceste).

Impossibile elencare tutti i prestigiosi concorsi vinti, e le collettive in Italia e all’estero a cui Adriano Pavan ha partecipato in settant’anni pittura.

Nell’anno accademico 1998-1999 presso l’università Ca’ Foscari di Venezia Cristina Bergamo si è laureata con una tesi dal titolo. “Adriano Pavan. L’emozione del colore”.

Sono da ricordare anche le sue passioni per la fotografia e il cinema, per la montagna e il rapporto con il CAI sandonatese di cui fu uno dei fondatori. Dopo aver passato anni alla ricerca e alla conquista delle vette non sfiorate dal turismo di massa, trasferì tutto questo in una serie di film, tra i quali “Aprire una montagna”, trasmesso su RAI 3, che ottenne un grande riconoscimento al Festival Internazionale del Film di Montagna di Ponte di Legno nel 1979 e attirò l’attenzione della critica, che ne apprezzò la capacità di rottura rispetto a un modo cartolinesco di fare cinema. Seguirono molte altre opere cinematografiche e documentari sempre accolti positivamente, ma soprattutto accomunati dalla capacità di tradurre nei vari linguaggi da lui sperimentati le emozioni del suo singolo cuore e dei suoi personali pensieri, in un universale e vibrante sentire.

L’ultima mostra a San Donà di Piave è stata realizzata alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea nel 2019 (da cui traiamo la foto per questo posto dal nostro servizio video con la sua intervista), promossa dall’Associazione Naturalistica Sandonatese. Il titolo: “Alberi nella luce”.