San Donà, questa mattina la commemorazione dell’eccidio dei 13 martiri
28 Luglio 2024Questa mattina l’Anpi “Silvio Trentin” di San Donà e l’Anpi “7 martiri” di Venezia, con il patrocinio dei comuni di San Donà di Piave e Venezia, hanno ricordato l’eccidio dei 13 martiri.
Sono passati infatti 80anni dal 28 luglio 1944, quando sulle macerie di Cà Giustinian un plotone d’esecuzione fucilò 13 partigiani come segno di rappresaglia verso l’attentato che aveva distrutto la sede del Comando Provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) e di uffici di collegamento tedeschi.
Presenti, oltre ai rappresentanti di Anpi, dell’amministrazione comunale e delle associazioni combattentistiche e d’arma, anche alcuni parenti dei 13 martiri Attilio Basso, Stefano Bertazzolo, Francesco Biancotto, Ernesto D’andrea, Giovanni Felisati, Angelo Gressani, Enzo Gusso, Gustavo Levorin, Violante Momesso, Venceslao Nardean, Amedeo Peruch, Giovanni Tamai e Giovanni Tronco.
La cerimonia commemorativa ha visto una breve presentazione della figura dei 13 martiri, tratta dalla rappresentazione fatta da prof. Carlo Dariol con la sua scuola, la deposizione di un mazzo di fiori sulla lapide nel cimitero sandonatese, quindi le allocuzioni delle autorità e dei famigliari presenti.
Nel suo intervento, il consigliere Stefano Ferraro, si è soffermato sulla “legge morale” del filosofo Kant e sul concetto di “agrapta nomina” (le leggi non scritte) dell’Antiogone dell’antico tragediografo greco Sofocle, e cioè sul valore superiore delle leggi morali non scritte insite da sempre nel cuore dell’uomo, inspirandosi alle quali i 13 martiri hanno preso posizione contro l’allora potere costituto. Ferraro ha ricordato che «Oggi è importante considerare i 13 martiri di Ca’ Giustinian patrimonio comune nella memoria condivisa sandonatese, per gettare le basi (come espressamente dice la risoluzione del Parlamento Europeo 2819/2019) per una riconciliazione fondata sulla verità e sulla memoria, condannando tutti i totalitarismi e rendendo onore alle vittime di tutti i totalitarismi».
Hanno poi preso il microfono alcune pronipoti, dei 13 martiri.
Lara Bertazzolo, pronipote di Stefano Bertazzolo, contadino 25enne, nato a Carrara S. Giorgio, nel padovano.
Luana Momesso, pronipote di Violante Momesso, contadino 21enne, nato a Noventa di Piave.
Chiara Biancotto, pronipote di 3 partigiani e 2 martiri: Francesco Biancotto, falegname 18enne, nato a San Donà, e Primo Biancotto.
Carla Basso, pronipote di Attilio Basso, impiegato 22enne, nato a San Donà.
«È importante fare memoria per lasciare alle future generazioni un segno di speranza e di pace – ha detto Luana Momesso, richiamando anche al contesto Palestinese –. Fare memoria ci consente di ricordare che tutte le vite hanno lo stesso valore e non esiste una vita che vale di più e una che vale di meno».
«Mi sono chiesta come io potessi mai misurarmi col loro coraggio e il loro sacrificio, nel 2024, 80anni dopo di loro – ha raccontato invece Chiara Biancotto, cercando parallelismi con le difficoltà di generazioni lontane, ma comunque vicine –. Non sono in guerra, però forse anche io combatto nel mio piccolo. Per esempio combatto per difendere le libertà e i diritti fin troppo fragili per essere nel 21° secolo. Per difendere il mio diritto e quello di tante altre a decidere per il mio corpo, non solo come strumento di vita, ma come strumento di lavoro e di studio.
Combatto per non girarmi di fronte a chi perde la vita in mare e sulle spiagge della mia Italia, ma anzi sento di combattere per sforzarmi a praticare l’accoglienza e la tolleranza, non solo quando mi si ricorda che forse qualcuno da lassù mi guarda, ma perché è giusto così.
Combatto per non dimenticare mai che la mia vita quotidiana, ricca di una famiglia felice, di salute, e colma di amore, non mi è caduta dal cielo, ma è stata possibile anche grazie a Francesco e Primo, insieme a tanti uomini e donne morte per noi».
«Abbiamo la responsabilità di far conoscere e soprattutto di far riflettere i giovani e le giovani su ciò che è stata la storia del nostro Paese, di cui siamo spesso inconsapevoli figli, ma pur sempre tali – ha detto infine Carla Basso –. Nani sulle spalle dei giganti. Pur con la nostra piccolezza, ma proprio perché poggiati su spalle forti, possiamo guardare più in là e credere che un futuro di libertà non solo ci è stato consegnato, ma va continuamente rifondato. Anche in un tempo tanto complesso come il nostro. In quello che Papa Francesco ha definito un cambiamento d’epoca, e non appena un’epoca di cambiamenti.
Ciò che non cambia, però, è il cuore dell’uomo, che è irriducibile, fatto per trovare una strada in mezzo allo sconforto. Fatto per scoprire un giacimento di vita, di energia e di coraggio. Per insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quando è buio».