Moraglia: La pandemia ci ha fatto riscoprire fragili
12 Aprile 2020Il Patriarca Moraglia: “La pandemia ci ha fatto riscoprire fragili, avremo bisogno di solidarietà e inclusione”
È una Pasqua di sofferenza per tutti i credenti, per le vittime di questa pandemia e per l’impossibilità di partecipare ai riti religiosi pasquali. Ecco allora per voi i punti salienti del messaggio contenuto nell’omelia recitata stamane dal Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. Spunti di riflessione per tutti, credenti e non credenti.
Una Pasqua anomala
In questa Santa Messa di una Pasqua veramente anomala, inusuale, portiamo all’altare i tanti dolori di questi mesi, i tanti morti, ricordiamo i loro cari, una preghiera particolarissima per loro, poi, per i troppi medici e operatori sanitari che hanno pagato con la vita il loro generoso servizio ai contagiati di Covid 19.
L’ideologia del riduzionismo
La nostra, epoca, erroneamente, pensava di aver archiviato le ideologie; invece, è portatrice di un’ideologia più sottile e insidiosa, quella del riduzionismo, ossia, non saper o non voler cogliere il tutto, fermarsi ad un aspetto, isolare una parte considerandola come il tutto.
La crisi dell’Occidente è culturale
Dobbiamo andare oltre il pensiero strumentale, ossia, efficientista, quello che si pone solo alcune domande, ad esempio, quelle del “come” o “in che modo” si fa una cosa e non sul “perché” la si fa o “se” è bene farla. La crisi dell’Occidente, prima di tutto, è culturale, sono venute meno le domande sul “senso” della vita e che fondano l’etica; sì, prima di chiedersi “come” fare una cosa bisogna chiedersi “perché” la si fa o se è bene farla.
Ci siamo riscoperti fragili
Questi giorni di pandemia hanno scardinato molte nostre certezze, per cui, anche chi non era incline a riflettere e ad interrogarsi è invitato a farlo; pensavamo d’essere protetti dalle tutele assicurative, sanitarie, pensionistiche e, invece, ci siamo riscoperti fragili, oltremodo, vulnerabili; sì, i fatti ci hanno riportati alla dura realtà.
La Pasqua cristiana
La Pasqua cristiana è, quindi, quel piccolo seme che cadendo in terra, muore e solo così diventa spiga e produce frutto in abbondanza o diventa albero tra i cui rami gli uccelli vengono a farvi il nido. C’è, quindi, come detto, modo e modo di guardare il sepolcro vuoto, di leggervi i segni che esso custodisce, di collegare il tutto alla vita di Gesù, al suo Vangelo, che è annuncio di salvezza.
Una lettura non condizionata da stati emotivi, da pregiudizi ideologici, ma in sintonia con le domande che la fede suscita diventa una crescita, un dialogo verso una luce nuova, la luce di Pasqua, la luce di Gesù risorto.
Avremo bisogno di solidarietà e inclusione
Carissimi, con l’aiuto di Dio, nei prossimi mesi dovremo non solo cercare equilibri nuovi, ma trovare una nuova saggezza nell’organizzare la filiera che conduce al bene comune di un territorio, di uno Stato, di una comunità di Stati, del mondo intero. Anche in questo ci aiuti la luce di Pasqua che guarda all’uomo, prima, nel suo bisogno di solidarietà e inclusione, poi di consumo e anche di performance.
(In foto alcuni momenti della celebrazione di stamane nella basilica di San Marco)